Il concetto di whistleblowing sta assumendo un ruolo sempre più centrale nel panorama lavorativo moderno, specialmente con l’introduzione del decreto 24/2023. Questa normativa, che entrerà in vigore dal 17 dicembre, impone alle aziende con più di 50 dipendenti l’obbligo di adeguare i canali di tutela per i lavoratori che denunciano illeciti sul posto di lavoro.
Il whistleblowing, che in italiano si traduce come “soffiata” o “segnalazione”, permette ai lavoratori di segnalare, in modo anonimo e protetto, situazioni di illecito o irregolarità che si verificano nell’ambito del rapporto di lavoro. Questo può includere casi di corruzione, frode, abuso di potere, discriminazione, violazione della privacy, inquinamento ambientale, e pericoli per la salute o la sicurezza dei lavoratori o dei consumatori. Le segnalazioni devono essere fondate e basate su elementi di fatto concreti.
Le aziende sono tenute a fornire canali interni per queste segnalazioni, garantendo la riservatezza dell’identità del segnalante e la sicurezza della piattaforma di segnalazione. Inoltre, esistono canali esterni, come l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e altre autorità competenti, dove i lavoratori possono rivolgersi. In alcuni casi, è anche possibile la divulgazione pubblica delle informazioni.
Il whistleblowing non è solo un atto di responsabilità civica, ma anche un diritto e un dovere del lavoratore. Chi segnala è protetto da eventuali ritorsioni o discriminazioni, con la possibilità di ricevere assistenza legale e psicologica, un’indennità di risarcimento del danno e una tutela sindacale. Al contrario, chi non segnala o segnala falsamente può incorrere in sanzioni disciplinari, amministrative o penali.
Questo decreto rappresenta un passo importante verso la promozione di un ambiente di lavoro più etico e trasparente, dove i lavoratori sono incoraggiati e tutelati nel segnalare irregolarità, contribuendo così al benessere collettivo e alla giustizia all’interno delle organizzazioni.