Un recente studio americano ha portato alla luce interessanti risultati riguardo l’impatto della solitudine sulle abitudini alimentari, soprattutto tra le donne. La ricerca, condotta dal team di Arpana Gupta presso l’UCLA, ha dimostrato che le donne che si sentono più sole tendono a optare per alimenti meno salutari, in una sorta di tentativo di compensare emotivamente la loro condizione di isolamento.
Secondo lo studio, le donne con un maggiore senso di solitudine mostrano un’attivazione più intensa nelle aree del cervello associate al desiderio di cibi zuccherati durante la visione di immagini di alimenti, mentre le regioni responsabili dell’autocontrollo risultano meno attive. Questo fenomeno non solo sottolinea la connessione tra sentimenti di solitudine e scelte alimentari meno salutari ma evidenzia anche una minore capacità di resistere a tali tentazioni.
Il legame tra psiche e alimentazione viene tracciato sin dalla nascita. La relazione affettiva che si sviluppa attraverso l’alimentazione nei primi scambi comunicativi tra madre e bambino pone le basi per le future interazioni emotive con il cibo. In momenti di stress o bisogno affettivo, molti ritornano a cercare quel senso di appagamento che il cibo ha rappresentato nei primi momenti della vita. Per alcune donne, questo può tradursi in un comportamento alimentare compulsivo o addirittura in una dipendenza.
La ricerca ha anche esplorato come il comportamento alimentare possa diventare un mezzo per cercare gratificazione, spesso in risposta a sentimenti di solitudine o depressione. Il rilascio di dopamina, stimolato dall’ingestione di cibi che si percepiscono come gratificanti, può temporaneamente alleviare sentimenti di malinconia o isolamento, portando però a un circolo vizioso di dipendenza alimentare.
La psicoterapeuta intervistata nello studio sottolinea l’importanza di non demonizzare il cibo, ma di riconoscere quando il suo consumo diventa una sostituzione per altre carenze affettive o relazionali. Essa promuove la “cucinoterapia” come metodo per riconnettersi con il vero significato del cibo come elemento di condivisione e unione affettiva.
Questo fenomeno sembra essere stato esacerbato dalla pandemia e dalla diffusione dello smart working, che hanno isolato ulteriormente molti individui, amplificando i disturbi legati all’ansia e alla depressione, soprattutto tra i giovani. La soluzione, secondo gli esperti, risiede nell’educare fin dall’infanzia a un approccio equilibrato e consapevole all’alimentazione, evitando che il cibo diventi un surrogato di relazioni e affetti mancanti.
Questo studio offre una visione più profonda su come le emozioni influenzino le nostre scelte alimentari e sottolinea l’importanza di affrontare le cause emotive e psicologiche dietro ai nostri comportamenti alimentari, soprattutto in un contesto sociale che continua a evolvere e presentare nuove sfide.