In Afghanistan, il regime talebano continua a restringere drasticamente i diritti delle donne, con l’introduzione di nuove leggi che vietano loro persino di far ascoltare la propria voce in pubblico. Questo fa parte di una serie di misure repressive denominate leggi sui “vizi e virtù”, approvate dal leader supremo Hibatullah Akhundzada. Queste leggi regolano diversi aspetti della vita quotidiana, inclusi il modo di vestire, la musica, e persino la possibilità di parlare in pubblico.
Tra le norme più severe, l’articolo 13 obbliga le donne a coprire interamente il proprio corpo in pubblico, proibendo loro di indossare abiti attillati o corti. Inoltre, la legge vieta alle donne di cantare, recitare o leggere in pubblico, considerando la loro voce come “intima” e quindi non adatta ad essere ascoltata da uomini non imparentati con loro.
Queste restrizioni sono parte di un sistema più ampio di controllo sociale che mira a cancellare ogni forma di libertà e autonomia femminile. Oltre alla soppressione dei diritti personali, le nuove norme impongono anche il controllo sulla diffusione di immagini di esseri viventi e vietano la musica nei trasporti pubblici, rafforzando ulteriormente la censura sui media.
La comunità internazionale, inclusa l’ONU, ha espresso profonda preoccupazione per questa situazione, sottolineando come queste misure stiano creando un clima di paura e intimidazione tra gli afgani, con le donne che ne subiscono le conseguenze peggiori. Le reazioni di condanna sono arrivate anche da parte di paesi come la Spagna, che ha denunciato queste leggi come un attacco inammissibile alle libertà civili.
Questa nuova serie di leggi dimostra quanto sia grave la situazione in Afghanistan, dove le donne sono progressivamente private dei loro diritti fondamentali, costrette a vivere in un regime che mira a cancellare la loro presenza e voce dalla società.